La Resistenza nel Parmense 1943 - 1945


Partigiani della 31.a Brigata Garibaldi appostati in località Pietra Nera - Pellegrino Parmense, ottobre 1944 (Archivio Isrec Parma).Nella notte tra l'8 e il 9 settembre 1943 unità corazzate tedesche occupano Parma e i maggiori centri della provincia: combattimenti avvengono intorno alla scuola di Applicazione di Fanteria nel Giardino Ducale e in diversi punti della città. Il 10 settembre a Villa Braga di Mariano, i dirigenti del Partito comunista (tra cui Remo Polizzi, Luigi Porcari , Giacomo Ferrari , Dante Gorreri , Umberto Ilariuzzi, Virginio Barbieri, Bruno Tanzi) si riuniscono e gettano le basi organizzative della resistenza armata contro l’occupazione nazista. Il 15 ottobre, nello studio notarile di Giuseppe Micheli, gli esponenti dei partiti antifascisti (Partito comunista, Partito socialista, Partito d’azione, Partito repubblicano, Democrazia cristiana e Partito liberale) danno vita al Comitato di liberazione nazionale (Cln) di Parma.
L’asse stradale e ferroviario Parma-La Spezia, controllato da muniti presidi tedeschi per la sua notevole importanza strategica, taglia l’Appennino in due zone (Est Cisa e Ovest Cisa) definendo anche i due territori d’azione della guerriglia partigiana. Le prime bande partigiane di montagna iniziano ad essere costituite dal Cln nell’autunno e alla vigilia di Natale del 1943 una di esse, il Distaccamento “Picelli”, sostiene vittoriosamente il combattimento con un più numeroso reparto fascista ad Osacca, nel Bardigiano. Altri gruppi partigiani si costituiscono sulle montagne della zona Ovest (il “Betti”, il “Penna”, la “Beretta”, il “Copelli”), e della zona Est (il “Griffith”) tra dicembre 1943 e marzo 1944. In pianura si formano le Sap (Squadre d’azione patriottica), addette al sabotaggio e al supporto logistico della guerriglia, e i Gap (Gruppi d’azione patriottica) per colpire i nemici in città.
Edicola di via Trento a Parma, 26 luglio 1943 (foto di Oreste Battioni - Archivio Isrec Parma). Nell’estate 1944 il movimento della Resistenza, alimentato soprattutto dai giovani che rifiutano di arruolarsi nell’esercito della Rsi, ha la sua massima espansione, tanto che in giugno le forze partigiane controllano intere zone appenniniche nella Val Ceno e nella Val Taro (i “Territori liberi”). Nel mese di luglio la Wehrmacht sferra un’offensiva per colpire le basi della guerriglia partigiana sull’Appennino Tosco-Emiliano con tre grandi operazioni di rastrellamento, accompagnate da rappresaglie ed eccidi contro la popolazione civile (efferati quelli di Neviano degli Arduini e di Strela di Compiano), cui seguono i rastrellamenti di novembre (Est Cisa) e di gennaio (Ovest Cisa). Nell’agosto 1944 si formano il Comando piazza per dirigere la lotta in città, e il Comando unico operativo (Cuo), per coordinare la guerriglia in montagna.
Il 17 ottobre un forte reparto germanico, guidato da una spia sorprende a Bosco di Corniglio il Cuo: il comandante Giacomo Crollalanza “Pablo” e altri quattro membri del comando cadono uccisi, tra essi Gino Menconi , comandante della piazza di Parma. Anche in pianura la Resistenza subisce pesanti perdite tra il mese di dicembre (muore sotto tortura Domenico Tomasicchio, vicecomandante della piazza di Parma) e il febbraio 1945 (Bruno Longhi , dirigente del movimento clandestino, è seviziato a morte dalla polizia tedesca SD, mentre i numerosi arresti smantellano la rete clandestina in città e nella Bassa); in marzo vengono catturati e fucilati anche Gavino Cherchi, capo del servizio informazioni partigiano, e Ines Bedeschi del Comando militare Emilia-Romagna.
Il Palazzo del Governatore in piazza Garibaldi, sede del Comando di Parma, cannoneggiato dalle forze tedesche nella notte tra l'8 e il 9 settembre 1943 (foto di Oreste Battioni - Archivio Isrec Parma).Nella fase finale dell’occupazione le truppe tedesche compiono ancora numerose rappresaglie (Villa Cadè, Calerno, Coduro, Soragna). Tra il 24 e il 25 aprile reparti tedeschi in ritirata verso il Po commettono vari eccidi contro la popolazione di Casaltone e Ravadese (ventuno vittime).
Alla vigilia della Liberazione, tuttavia, il movimento partigiano è in grado di organizzare circa undicimila uomini, inquadrati in cinque grandi unità militari : le Divisioni “Ricci” e “Monte Orsaro” nell’Est Cisa, le Divisioni “Val Ceno” e “Val Taro” e “Cisa” nella zona Ovest. Alla loro testa il comandante “Arta” (ingegner Giacomo Ferrari) e il commissario politico “Poe” (professor Achille Pellizzari) nella zona Ovest, il comandante “Colonnello Gloria” (colonnello Paolo Ceschi) e il commissario “Mauri” (avvocato Primo Savani) , nella zona Est.
La liberazione di Parma avviene la mattina del 26 aprile, mentre le operazioni di guerra si concludono il giorno 29 con la resa di circa quindicimila soldati tedeschi e fascisti accerchiati nella “sacca” tra Fornovo e Ozzano Taro .
Il bilancio delle perdite partigiane, 812 i caduti e 534 i feriti (nella guerra convenzionale il rapporto tra morti e feriti è di 1 a 5), documenta chiaramente l’asprezza della lotta.
Partigiani della 31.a Brigata Garibaldi con don Savani, parroco di Varone di Pellegrino Parmense (Archivio Isrec Parma). Il 9 maggio le formazioni partigiane sfilano in città tra la folla, fino a piazza Garibaldi dove, alla presenza della autorità alleate e italiane e del vescovo, parla Giacomo Ferrari , nominato prefetto della città dal Cln. Al termine i partigiani sparano in aria, scaricando le armi che poi consegnano e le brigate vengono sciolte. Inizia il dopoguerra.


(Tratto da Enciclopedia di Parma. Dalle origini ai giorni nostri, a cura di M. Dall’Acqua, Franco Maria Ricci, Parma, 1998.)